La sesta estinzione. Una storia innaturale

Ci sono libri che cambiano il modo in cui guardiamo il mondo. “La sesta estinzione” di Elizabeth Kolbert è uno di questi. Premio Pulitzer per la saggistica nel 2015, quest’opera riesce nell’impresa di trasformare dati scientifici complessi in una narrazione avvincente e profondamente umana.

Un viaggio attraverso le estinzioni

Kolbert, giornalista scientifica del New Yorker, ci accompagna in un viaggio che attraversa cinque continenti e milioni di anni di storia naturale. Il suo punto di partenza è scientifico ma la sua scrittura è quella di una grande narratrice: dalle foreste pluviali del Panama alle barriere coralline australiane, dai laboratori dove si studiano le rane dorate ormai estinte alle grotte dove si cercano tracce dei nostri antenati.

Il titolo fa riferimento alle cinque grandi estinzioni di massa che hanno segnato la storia della Terra. La sesta – quella che stiamo vivendo – ha però una caratteristica unica: è causata da una singola specie. Noi.

La forza della divulgazione scientifica

Ciò che rende questo libro straordinario è la capacità dell’autrice di rendere accessibili concetti complessi senza mai banalizzarli. Kolbert ci spiega l’acidificazione degli oceani attraverso gli occhi di una ricercatrice che studia i pteropodi (minuscole lumache marine con il guscio che si sta letteralmente sciogliendo). Ci fa comprendere il cambiamento climatico osservando gli spostamenti delle specie vegetali sulle Ande.

Non c’è catastrofismo gratuito, ma nemmeno rassicurazioni facili. C’è invece un rigoroso lavoro di documentazione: ogni affermazione è supportata da ricerche peer-reviewed, interviste con scienziati sul campo, dati misurabili.

I protagonisti silenziosi: gli scienziati

Uno degli aspetti più affascinanti del libro è il ritratto che emerge del lavoro scientifico contemporaneo. Kolbert ci mostra ricercatori che passano anni a monitorare popolazioni di anfibi, biologi marini che raccolgono campioni d’acqua per misurare il pH degli oceani, paleontologi che setacciano sedimenti alla ricerca di microfossili.

È un mondo di misurazioni pazienti, analisi di laboratorio, raccolta dati sul campo. Un lavoro spesso invisibile ma fondamentale per comprendere cosa sta accadendo al nostro pianeta.

Dal libro alla realtà: il ruolo del monitoraggio ambientale

La lettura de “La sesta estinzione” pone una domanda inevitabile: se la crisi è di questa portata, cosa possiamo fare? La risposta di Kolbert non è semplice, ma un elemento emerge con chiarezza: non si può proteggere ciò che non si misura.

Gli scienziati descritti nel libro passano molto del loro tempo a raccogliere dati: concentrazioni di CO₂ nell’atmosfera, livelli di acidità oceanica, presenza di inquinanti chimici nelle acque, popolazione di specie indicator. È attraverso questi dati – raccolti con pazienza per decenni – che possiamo comprendere l’entità dei cambiamenti in corso.

In Italia, questo lavoro di monitoraggio non riguarda solo la ricerca accademica. Aziende, enti pubblici, industrie hanno oggi la responsabilità (e spesso l’obbligo normativo) di misurare il proprio impatto ambientale. L’analisi delle matrici ambientali – aria, acqua, suolo – è diventata essenziale non solo per la compliance normativa ma per comprendere realmente le conseguenze delle attività umane.

Concetti come l’Overshoot Day – il giorno in cui l’umanità esaurisce le risorse che il pianeta può rigenerare in un anno – ci ricordano che stiamo consumando più di quanto la Terra possa produrre. Nel 2025, l’Italia ha raggiunto il suo Overshoot Day il 19 maggio: da quella data fino a fine anno vivremo “a credito” sul capitale naturale del pianeta.

Perché leggerlo

“La sesta estinzione” non è un libro facile da digerire emotivamente, ma è scritto con tale maestria che risulta impossibile abbandonarlo. Kolbert riesce a mantenere un equilibrio perfetto tra rigore scientifico e narrazione coinvolgente.

È un libro necessario per chiunque voglia comprendere la portata della crisi ambientale senza affidarsi a semplificazioni o allarmismi. È anche, paradossalmente, un libro pieno di meraviglia: nel descrivere cosa stiamo perdendo, Kolbert ci fa riscoprire l’incredibile ricchezza e complessità della vita sulla Terra.

In sintesi

In un’epoca in cui la disinformazione ambientale è diffusa quanto l’inquinamento stesso, “La sesta estinzione” rappresenta un modello di come la scienza possa essere comunicata: con precisione, onestà intellettuale e una prosa che sa commuovere senza manipolare.

Il libro ci lascia con una consapevolezza scomoda ma indispensabile: siamo la prima specie nella storia della Terra ad avere coscienza della propria capacità distruttiva. La domanda non è se possiamo cambiare rotta, ma se lo faremo.

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